Si propone articolo del 21 giugno 2017 pubblicato sul quotidiano on-line Il Primato Nazionale

http://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/utero-affitto-quale-vuoto-colmare-italia-illegale-67842/

Utero in affitto: ma quale vuoto da colmare, in Italia è illegale

Roma, 21 giu – La maternità surrogata è in continua espansione in tutto il mondo. Negli Stati Uniti vi è un incremento annuo delle gravidanze surrogate del 20%. Ma il fenomeno è in crescita anche in Europa (in Grecia in particolare) e in Asia. Da ovest verso est i prezzi si abbassano sensibilmente per affittare un utero. Servono oltre 200 mila euro in Nord America, mentre in Asia si stima che 10 mila euro siano sufficienti per acquistare un bambino.
Negli Stati Uniti una coppia su dieci che si rivolge alle agenzia specializzate nella surrogazione di maternità proviene dall’Italia. Si tratta di coppie per lo più omosessuali, ma sono in crescita quelle eterosessuali e non mancano semplici single.
Quello della surrogazione di maternità è un tema ancora poco dibattuto nella penisola. Il caso più noto è quello di Nichi Vendola. L’ex governatore della regione Puglia con il proprio convivente ha acquistato un bambino nel 2016 in Canada e lo ha portato in Italia. Recentemente Vendola sulle pagine del Corriere della Sera si doleva del fatto che lo Stato non riconoscesse il piccolo Tobia come figlio della coppia.

In Italia, infatti, la surrogazione di maternità è vietata per legge. Lo sancisce espressamente la discussa legge sulla procreazione medicalmente assistita, che fu oggetto di numerosi interventi da parte della Corte costituzione, tuttavia il Giudice delle leggi non ha mai intaccato il divieto alla surrogazione di maternità scolpito nella nota legge 40 del 2004. In verità la Corte costituzionale, con una fuga in avanti molto criticata, ha affermato che “il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa” (sentenza Cort. Cost. n. 162/2014). Tale enunciato è stata accolto da una parte dei commentatori “progressisti”come una vera e propria apertura verso la surrogazione di maternità. A ben vedere, invece, la Corte costituzionale – che si ripete non ha dichiarato illegittimo il divieto alla surrogazione di maternità – ha espresso un concetto comunque condivisibile alla luce dell’attuale asseto normativo. Infatti nel nostro ordinamento sono disciplinate le adozioni di persone minorenni ove, com’è noto, il minore adottato diviene a tutti gli effetti figlio degli adottanti ancorché tra gli stessi non vi sia alcun rapporto di carattere biologico.
Rimane pertanto assolutamente fermo il divieto alla surrogazione di maternità. E sul punto si è espressa in maniera assolutamente chiara ed inequivocabile anche la Corte di cassazione. Secondo la Suprema corte, quello alla surrogazione di maternità è un divieto di ordine pubblico e ciò in quanto i diritti dei minori sono tutelati solo ove la maternità degli stessi sia attribuita e riconosciuta alla madre partoriente (Cass. 24001/14) Solo nei casi tassativi previsti dalle legge in tema di adozione, un minore può essere riconosciuto quale figlio di soggetti coi quali non ha alcun legame di carattere biologico. L’accordo tra madre gestante, e genitori committenti non può assumere quindi alcun rilievo nel nostro ordinamento ed anzi, come si vedrà tra poco, può costituire persino un illecito punito penalmente.

In tema di maternità surrogata la scienza giuridica pare in larga maggioranza schierata per la sua assoluta incompatibilità con i valori espressi dalla Carta costituzionale. Vi è, infatti, il diritto del minore a sviluppare rapporti con i propri genitori naturali che deve essere tutelato, ma vi è anche la tutela della dignità della madre generante che non può essere calpestata e più in generale un divieto a mercificare parti del proprio corpo (in questo caso l’utero) in ossequio al principio di indisponibilità dei diritti fondamentali della persona.
Il quadro tuttavia è stato recentemente complicato da una pronuncia della Corte di cassazione del 2016 che ha riconosciuto la trascrivibilità dei provvedimenti stranieri di riconoscimento della genitorialità, il che sostanzialmente significa che se nell’ordinamento straniero è ammessa la genitorialità surrogata, i genitori che hanno acquisito il neonato in conformità alla legge straniera possono essere riconosciuti come genitori del bambino anche per l’ordinamento italiano.
Così nel febbraio del 2016 la Corte di Appello di Trento ha riconosciuto come genitori due soggetti che avevano acquisito il bambino all’estero, affermando “l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa”.

Quanto affermato da ultimo dalla Corte di Cassazione (pronuncia in contrasto con i precedenti orientamenti) e dalla Corte di Appello di Trento non può essere condiviso. Non si discute, infatti, di semplici “tecniche” di procreazione (se naturale, assistita, medica etc), ma di giudicare una complessa operazione che prevede l’individuazione di una donna incubatrice naturale, l’utilizzo o meno del materiale genetico della donna generante, l’utilizzo di materiale genetico omologo o eterologo da parte della coppia ordinante la gestazione, l’accettabilità o meno che la donna generante ottenga o meno un corrispettivo per l’attività prestata, i criteri di scelta della donna generante e di eventuali donatori esterni alla coppia di materiale genetico, le modalità di ottenimento del consenso da parte della donna e la previsione o meno della possibilità di mutare anche durante la gravidanza la propria volontà, la lesione del diritto del minore a conoscere la propria madre biologica. Vi sono, in sostanza, tutta una serie di complesse problematiche sottese alla surrogazione di maternità tali da rendere tale istituto del tutto incompatibile con la nostra Costituzione.Tale pratica, infatti, pare manifestamente violare numerosi principi fondamentali del nostro ordinamento ed anche i provvedimenti stranieri di riconoscimento della maternità-paternità non dovrebbero potersi trascrivere per violazione del c.d. ordine pubblico internazionale.
Va osservato che la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2014 ha legittimato la maternità surrogata, ma ha chiaramente indicato che un eventuale divieto a tale pratica, presente nella legislazione interna degli stati aderenti alla Convenzione non si porrebbe in violazione con la Convenzione stessa. Non solo, la Corte europea ha altresì chiarito che non sussiste alcun diritto del nato ad essere riconosciuto quale figlio legittimo dei committenti, lasciando così ampio margine discrezionale ai singoli legislatori.

Prima della sentenza del 2016 emessa dalla Cassazione, la pratica della maternità surrogata poteva altresì avere anche conseguenze di carattere penale in capo ai committenti.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, infatti, quando il nato è dichiarato figlio dei committenti e non della madre biologica si configurerebbe il reato di alterazione di stato.
Secondo un’altra opinione (Tribunale di Milano), il reato di alterazione di stato non si potrebbe configurare, la predetta dichiarazione integrerebbe l’illecito di di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali.
Infine secondo un’ancora diversa ricostruzione (Tribunale di Brescia), il reato di alterazione di stato si configurerebbe quando la legislazione dello stato in cui è stata portata avanti la gravidanza non consenta la pratica della maternità surrogata.
A seguito della sentenza del 2016 probabilmente è venuta meno ogni forma di responsabilità penale in capo ai committenti che dichiarano come proprio un figlio che non è tale da un punto di vista biologico.
Ciò che stupisce nell’affrontare il tema dell’utero in affitto, è che in questo caso la giurisprudenza non si è trovata a dover, di fatto, legiferare perché in presenza di un vuoto normativo. Per quanto concerne la maternità surrogata infatti, non vi è alcun vuoto da colmare: la legge stabilisce chiaramente che la maternità surrogata è vietata in Italia. Perché quindi ad ogni costo la giurisprudenza si vuole arrogare il compito di legiferare su temi delicatissimi, usurpando, di fatto un potere, quello legislativo, che non è suo?

Federico Depetris

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