Corriere della Sera, edizione di Torino del 16.11.2020

Ogni giorno la piccola Greta (il nome è di fantasia), bambina rom di 4 anni, per andare all’asilo deve sobbarcarsi un viaggio di tre chilometri a piedi. Circa 40 minuti di cammino, partendo dalla baracca costruita da papà Valentino nel campo nomadi di Collegno, uno dei comuni più grandi della provincia di Torino, fino alla scuola dell’infanzia. Lo scorso anno, prima del lockdown, l’amministrazione comunale aveva garantito alla famiglia la possibilità di utilizzare lo scuolabus, ma da settembre Greta non può più salire sul pulmino assieme agli altri bambini del campo.

Il motivo? Non è residente a Collegno e il servizio è stato revocato. Il padre di Greta, tramite l’avvocato Federico Depetris, ha presentato ricorso: «Il mio cliente è nato a Torino e vive a Collegno dal 1998. Anche i suoi figli sono nati a Torino, ma l’unico documento di cui dispone è un passaporto croato. Non è cittadino italiano e non riesce a ottenere la residenza, nonostante sia autorizzato a dimorare presso l’accampamento di strada della Berlia, assieme alla moglie e ai due figli minori. Non ha un lavoro e non può dimostrare di essere indipendente dal punto di vista economico, circostanza che gli impedisce di ottenere anche altri servizi essenziali come un medico di famiglia o un pediatra per i suoi bambini».

Valentino, 34 anni, in passato ha avuto qualche problema con la giustizia, ma da 10 anni ha messo la testa a posto e dice di volersi integrare nella comunità collegnese: «Purtroppo senza la residenza è impossibile. Come è impossibile trovare un impiego e così mi devo arrangiare con qualche lavoretto saltuario. Svuoto cantine, aiuto qualche amico, ma nulla di continuativo. Io non voglio che i miei bambini facciano la vita che ho fatto io, per questo lo scorso anno ho subito mandato mia figlia all’asilo. Fino al lockdown è andato tutto bene, ma adesso vede i suoi compagni salire sullo scuolabus e lei invece deve andare a piedi». Ottenere quel sospirato pezzo di carta non è semplice: «Sono cittadino comunitario e per legge dovrei dimostrare di avere un lavoro o una disponibilità di 5 o 6 mila euro in banca. Ma per avere un lavoro devo avere una residenza e un conto corrente non ce l’ho».

Il sindaco di Collegno Francesco Casciano sostiene però che la famiglia di Greta sia stata sollecitata a regolarizzare la posizione già da molti mesi: «Per noi il diritto allo studio è un bene primario, ma lo scuolabus è un servizio che viene erogato i residenti. Lo scorso anno abbiamo fatto un’eccezione invitando la famiglia a provvedere a tutte le pratiche necessarie, ma non è stato fatto. E adesso il trasporto degli studenti deve seguire protocolli molto più stringenti per le normative anti-contagio. Che non ci permettono di comportarci diversamente». Da tempo il Comune sta provando a chiudere definitivamente l’accampamento e la famiglia di Greta teme di perdere anche la baracca di legno e lamiera realizzata accanto alla roulotte: «Un tempo c’erano 400 persone ora ne sono rimasti un centinaio – conclude Casciano – Abbiamo avviato un percorso di emancipazione condiviso con gli abitanti che è passato anche attraverso la scolarizzazione. Garantiamo tre passaggi del nostro pulmino per i piccoli studenti del campo e i bambini disabili vengono portati a scuola in taxi. Ci sono però delle regole che vanno rispettate».

Massimo Massenzio

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